martedì 22 novembre 2011

PRESENTAZIONE A TORINO

BELGRAVIA LIBRERIE TORINO
VIA VICOFORTE 14/D
MARTEDI’ 29 NOVEMBRE ORE 18,30 
GIALLO ITALIANO: SCRITTURE E LETTURE

Alessandro Bastasi racconta il suo ultimo romanzo CITTA’ CONTRO (Eclissi edizioni)
“Solo il rumore dei nostri passi, qualche parlottio isolato, gruppetti di tre, quattro uomini accucciati sui talloni tra una roulotte e una baracca. Al chiarore fioco che filtra da sotto una porta intravedo qualcosa che assomiglia a delle spranghe di ferro. Non tutti saranno ragionevoli come Khalid, penso.”
http://alessandrobastasi.blogspot.com/ 


Massimo Rainer racconta il suo ultimo romanzo CHIAMAMI BUIO (Todaro edizioni) “Prima regola dello sbirro che vuole arrivare alla pensione: fatti i cazzi tuoi.
Seconda regola: non ti distrarre e continua a farteli, ché stai andando bene.
Terza regola: se non hai seguito le prime due, la terza non ti serve più a una madonna perché sei già crepato da un pezzo.
È parola di Buio”
http://www.carmillaonline.com/archives/2011/10/004062.html#004062


Presenta Fabrizio Fulio Bragoni del blog Nonsolonoir
Letture a cura di Luca Rinarelli

INGRESSO LIBERO FINO A ESAURIMENTO POSTI
INFO: 011.3852921 – 347.5977883

lunedì 21 novembre 2011

La Tribuna di Treviso, 19 novembre 2011

TREVISO Una storia di volontariato e passione, indifferenza e perbenismo. E’ l’ultimo libro di Alessandro Bastasi, manager trevigiano trapiantato a Milano, che ha scritto «Città contro» descrivendo un autentico giallo, legato a una serie di delitti, consumati a Treviso. Gli ingredienti ci sono tutti: i soldi, il sesso, l’indifferenza dell’opinione pubblica, le autorità. Al centro, la figura del protagonista, una persona perbene che aiuta l’amico magistrato a sciogliere i nodi dell’indagine, Il ritratto corrosivo e disincantato di una città avvolta dalle pulsioni razziste e dominata da un informale gruppo di potere legato alle principali istituzioni. Sullo sfondo, una grande speculazione edilizia che per essere compiuta deve liberarsi di un campo di stranieri alle porte della città. Uno sviluppo intelligente e curioso di un giallo vecchio stampo, dentro ai luoghi e alle piazze di Treviso, dove è facile rispecchiarsi. «Città contro» è il secondo volume di una trilogia trevigiana iniziata con «Gabbia criminale». Edito da Eclissi Editore, il libro sarà presentato giovedì 24 novembre, alle ore 18, alla Libreria Feltrinelli.

http://ricerca.gelocal.it/tribunatreviso/archivio/tribunatreviso/2011/11/19/NZ_59_7.html?ref=search

giovedì 17 novembre 2011

PRESENTAZIONE ALLA LIBRERIA FELTRINELLI DI TREVISO



Giovedì 24 novembre alle ore 18:00

RECENSIONE DI GIALLOMANIA

Your Company

Finalmente anche il noir di denuncia sociale ha il suo RE!!! Grandissimo Alessandro Bastasi con il suo Citta Contro, se non esistesse bisognerebbe inventarlo. Una scrittura graffiante potente anche teatrale soprattutto nei dialoghi che ben si presterebbero all'uopo. Un libro che sicuramente sarebbe adatto alle scuole superiori, proprio là dove spesso si annidano certe cellule di indifferenza o anche di razzismo. E' la storia di un campo di immigrati gestito da un prete di frontiera con al centro lo stesso protagonista di Gabbia Criminale,opera prima dello scrittore. Nasce così l'impegno volontaristico del protagonista sempre pieno di dubbi e di domande,sulla spinta della giovane moglie e della sorella. E' un libro ben condito tra la trama gialla con omicidi e indagini,e la denuncia sociale e culturale che si sente essere molto nelle corde di Bastasi, d'altronde figlio del '68 e quindi molto sensibile a certe tematiche. Il romanzo scorre via veloce con un ritmo quasi sincopato che poco spazio lascia alle pause; c'è proprio un afflato sentimentale da parte di Bastasi per la condizione di queste persone e una denuncia contro il razzismo imperante del neghittoso e provinciale Nord est. La denuncia è anche nei confronti dei poteri forti e delle istituzioni a tutti i livelli (Ricordiamo un certo Sindaco Gentilini) che da una parte istigano al razzismo ma sotto sotto sfruttano e necessitano di questi immigrati come forza lavoro sottocosto. Bastasi ci fa anche riflettere sulla differenza culturale tra le diverse etnie e sfuma anche nelle righe il pericolo esistente che gli stessi immigrati sfruttino i disperati come loro.

mercoledì 9 novembre 2011

La recensione di LIBERI DI SCRIVERE


Si è discusso a lungo del ruolo sociale del noir, del "noir mediterraneo" quel genere di noir che da ampio spazio agli elementi sociali, politici e criminali che caratterizzano l’humus su cui si basano storie nere, anzi nerissime, di degrado, corruzione, assenza di scrupoli morali, che spesso portano al delitto ma non solo. Tuttavia molto spesso gli esempi concreti valgono più di mille parole, e un noir che parla di immigrazione nel bene, i tanti che si impegnano in prima persona per dare una mano, e nel male, i pochi ma più devastanti che li sfruttano, i racket criminali che li assoldano e li chiudono in prigioni lager, i politici che si gonfiano il petto con leggi per la sicurezza e cavalcando l’onda della “paura” per i loro interessi personali, può essere più utile di tanti saggi seriosi e dotti. L’acre fetore che rende irrespirabile l’aria e ottunde le coscienze spesso grava come una cappa malsana e infetta in questo noir “politico” nel senso socratico del termine, dove la contrapposizione ideologica non è un pretesto per predominare e sovrastare l’avversario, ma uno spunto per essere davvero persone migliori. Città contro di Alessandro Bastasi Eclissi editrice, è un noir con un’ anima, una precisa coscienza critica un po’ denuncia sociale un po’ nitido specchio di una società che cambia, un libro che consiglierei fosse letto nelle scuole come spunto di riflessione quando si discute del diverso, dello straniero, del migrante giunto per nave o container per salvarsi nella ricca e prosperosa Europa, mentre lascia alle spalle paesi in guerra, dilaniati dalla povertà e dalle malattie. I fenomeni dell’immigrazione non sono un male inevitabile, ma un sintomo di realtà più ampie, di realtà socio-politiche che vanno sanate alla radice, dai governi, dalle politiche europee, dalle sovvenzioni allo sviluppo. Gli immigrati è bene che fosse chiaro se ne starebbero felicemente nei propri paesi, con le proprie famiglie, se solo lo potessero. Non sono ospiti mal tollerati, sono fuggiaschi scampati molto spesso alla morte. Bastasi ambienta la sua storia nel nordest, alle porte di Treviso, un tempo ricco e opulento, ora segnato dalla crisi globale, dove i fenomeni della disoccupazione, della povertà, della carenza di alloggi, si sommano all’egoismo, ai pregiudizi, alla paura. Una discussa e chiacchierata associazione religiosa Opus Christi, guidata da un prete di frontiera Don Vittorio, gestisce un campo di immigrati che fornisce un riparo, cure mediche, corsi di italiano, a gente la più disparata, proveniente da luoghi diversi, diversa per religione, usanze, abitudini, etnie, colore della pelle. Una polveriera sul punto di esplodere. Mal tollerato dalla gente del posto, il campo di Sant’Angelo è serbatoio per la criminalità, oggetto di contesa per politici senza coscienza, un microcosmo dove i migranti non sono tutti anime candide, si ubriacano, si picchiano per futili motivi, si tradiscono. A far precipitare tutto la morte di una volontaria e il suicidio del migrante sospettato di averla uccisa. Alberto Sartini, già protagonista de la Gabbia criminale, si trova in mezzo coinvolto assieme alla moglie Valentina anche lei disposta a dare una mano come infermiera assistendo il dottor Candiani, dalla sorella Giovanna, che l’aveva pregato di sostituirla nei corsi di italiano ed educazione civica che si tengono al campo. Il sostituto procuratore incaricato delle indagini si rivolge proprio a Sartini come consulente e ciò che scopriranno sarà ben poco consolante o nobile.           

lunedì 7 novembre 2011

NOVELLO IN NOIR!

Sabato 12 novembre, alle 21, a Milano: 22 scrittori raccontano i loro libri davanti a un calice di novello...

Un commento di Matteo Di Giulio della rivista LINSOLITO con un estratto del romanzo

Città contro di Alessandro Bastasi è un giallo d'inchiesta che di classico ha poco o niente. Parla di immigrazione, il piglio sociale è il punto di forza del romanzo ma anche lo sguardo acuto dell'osservatore medio che, per una volta, non ha voglia di tenere la bocca chiusa. Prosegue quel percorso civile sul Nord Est razzista e iniquo iniziato dall'autore con il precedente La gabbia criminale, sempre per Eclissi, e nella storia di immigrati sfruttati e di associazioni di volontariato che non se la passano mai troppo bene, ci scappa anche stavolta il morto. Quel morto necessario al ritmo, sempre ben dosato, e ad appassionare facendo riflettere. Operazione ancora una volta, e ancor di più, stilisticamente parlando, riuscita.
Proponiamo in anteprima un estratto del romanzo.
* * *
Viaggiano nella notte, in silenzio. Il traffico è scarso, l’andatura è regolare, il ronzio del motore culla la mente di Modibo, che si assopisce.
Si sveglia di colpo poco dopo Meolo, quando la macchina rallenta per voltare a destra, su una strada secondaria che già dopo duecento metri si confonde con il buio assoluto della campagna. Nessun lampione, nessuna casa abitata, nessun segno di vita.
A circa un chilometro l’asfalto termina e inizia uno sterrato polveroso, pieno di sassi, che mette a dura prova le sospensioni della Mercedes.
«Tutto bene?» chiede l’uomo, secco ma cordiale.
«Sì, tutto bene» risponde Modibo. In realtà ha un po’ di timore, l’africano, non sa dove lo stia portando, non sa quale destino lo attenda, in ogni caso è robusto e saprà difendersi, se sarà necessario.  Il Moro gli sorride. Lui risponde al sorriso.
«Ci siamo quasi» lo rassicura l’uomo.
Un altro chilometro e la macchina volta lentamente a sinistra, in un percorso cosparso di pietre, di macerie e di sterpaglia, dove il buio sembra essere ancora più fitto. Gli abbaglianti arrancano, si fanno strada attraverso densi sciami di insetti instupiditi,  illuminando buche simili a voragini che il Moro riesce a evitare con abilità. Modibo è teso, chino in avanti, una mano sul cruscotto, come per trovare un appoggio che lo rassicuri.
Il tragitto non è lungo, solo qualche minuto. Fino a che una macchia scura, prima confusa col nero della notte, non si materializza all’improvviso davanti a fari della Mercedes. E’ un grande fabbricato a due piani, posto di traverso, con davanti un ampio spiazzo.
L’uomo ferma la macchina e spegne il motore. Sono arrivati. Soltanto il pulsare ininterrotto di un generatore elettrico rompe il silenzio inquieto della campagna circostante.
Modibo e l’uomo scendono dalla macchina, l’africano fa per muoversi, ma l’altro lo blocca. Alcune flebili luci che filtrano dalle finestre senza imposte fanno intravvedere la struttura dell’edificio, un unico blocco diviso in mezzo da un ampio portico che un tempo serviva per mettere al riparo i carri e gli attrezzi agricoli. In quello spazio una porta si apre e un nero alto e minaccioso li accoglie con fare sospetto e diffidente.
«Selim, sono io!» dice il Moro ad alta voce.
Il nero chiamato Selim lo riconosce, riconosce la Mercedes, e con un gesto brusco fa loro cenno di entrare.
Quella che un tempo era la grande cucina della casa colonica adesso è un dormitorio. Almeno quaranta uomini trovano posto su brande o materassi adagiati per terra, dietro a loro le sacche con qualche abito di ricambio, e qua e là dei fornellini Campingaz sui quali era stata preparata la cena. Nell’aria un odore avariato di cibo, unito a quello di fumo di sigarette e di grappa di quart’ordine. Un filo elettrico scende dal centro del soffitto a sostenere una lampadina nuda che fatica a rischiarare gli angoli della stanza. In quello in fondo a destra Modibo riesce a notare qualcosa di simile a una massa di stracci sovrapposti, poi, a mano a mano che gli occhi si abituano alla semioscurità, mette a fuoco meglio e se ne accorge.
E’ un uomo. Seduto contro il muro, con i piedi incatenati a un supporto di ferro conficcato nel pavimento. D’istinto Modibo va verso di lui, ma Selim lo blocca, una mano d’acciaio gli artiglia la spalla.
«Non si può. Quello oggi ha fatto lo stronzo. Niente parlare con lui. Niente cena.»
Solo ora Selim si accorge della deformità del viso del nuovo arrivato e non nasconde una smorfia di sorpresa.
«Tutto bene, Selim» lo rassicura il Moro, «è uno bravo, ogni tanto beve, ma se fa casino non ci vorrà molto per fargli capire di smetterla. Ti hanno avvertito i miei uomini?»
«Si, mi hanno avvertito» gli fa eco il nero. «Può dormire di sopra. Cinque euro a notte.»
Modibo ancora non capisce.
«E dove li trovo? Non ho lavoro.»
«Il lavoro te lo troviamo noi» lo rassicura il Moro. «Qualche giorno lavori e qualche altro no, ma vedrai che riuscirai a pagare.»
«Che lavoro è?» chiede Modibo, guardandosi attorno.
«Muratore. La mattina passano i camion, prendono gli uomini che gli servono e si va al cantiere. Spera di essere tra quelli, e tutto andrà bene. Venticinque euro te li porti a casa. Cinque a me, cinque a quello del camion, il resto te lo tieni.»
«E se non mi prendono?»
«Ti prenderanno il giorno dopo, siamo d’accordo così, si va a rotazione, non devi preoccuparti.»
«Ma che lavoro devo fare? Non ho mai fatto il muratore, io ero un sarto!»
«Ti diranno loro cosa devi fare.»
«Loro chi?»
«Tu domani vai dal capocantiere e gli dici: che cosa devo fare? Penserà a tutto lui.»
Un attimo di pausa, il cervello di Modibo in ebollizione, il silenzio di tutti quegli uomini che lo fissano immobili, inespressivi.
«Beh, io vado» conclude il Moro. «Buon lavoro, vedrai che ti troverai bene. Selim sembra un cane da guardia, ma in fondo è un nero come te, conosce i tuoi problemi, vero, Selim?»
Un lampo di rabbia saetta dagli occhi di Selim mentre congeda l’uomo.
«Ok, qui hai finito, Moro. Ci vediamo.»
«Ehi, che fretta… A proposito, quanti uomini hai qui?»
«Ottanta.»
«Erano ottantacinque. Più questo di stasera, ottantasei.»
«Cinque sono scappati. Ti ho mandato un’email l’altro giorno.»
«Cazzo! Non fare il furbo con me, eh, che ci metto un attimo a mandare tutto in malora.»
«Niente furbo, va su e controlla se vuoi.»
«Prima o poi lo faccio, quando meno te lo aspetti, vedrai. A proposito, sabato vengo qui, fatti trovare, ché dobbiamo fare i conti del mese.»
«Ma vaffanculo.»
Il Moro ride.
«Trattamelo bene questo qui, eh?»
«Certamente» fa Selim, gelido. «Adesso va’ via, ché domani loro devono alzarsi presto.»
«Fanculo, keniota del cazzo.»

I primi commenti di lettori di aNobii


FrancineR

Bello

Donne. Uomini. Ciascuno con la sua famiglia, i suoi figli, ciascuno con una madre che l'ha cresciuto, ciascuno con un cuore rosso che pulsa nell'attesa del futuro.
Donne e uomini intenti a stendere con infinita pazienza, sui precari stenditoi appoggiati all'esterno delle loro abitazioni, la coperta umida, la giacca bagnata dal temporale, i calzoni appena lavati.
Per fortuna oggi non piove.
(bellissimo libro, ma ho preferito riportare queste belle frasi finali piuttosto che una recenzione.)

Lauraetlory
Il caso ha voluto che leggessi questo bel giallo di Bastasi in contemporanea alla testimonianza di un sopravvissuto ai lager nazisti. Che c'azzecca? potreste chiedere. In apparenza nulla. Ma dovete sapere che Bastasi ha fatto quello che tutti gli scrittori dovrebbero fare: raccontare una storia che lasci dentro al lettore un seme. Non dipenderà dallo scrittore se il seme attecchirà o meno, ma resta il fatto che l'autore ci ha raccontato il suo mondo, ci ha raccontato il ricco e spesso ignorante nord-est d'Italia. Dove è facile aver paura di perdere una ricchezza raggiunta, ma troppo a lungo sognata. Dove la crisi fa talmente paura che serve uno spauracchio, un capro espiatorio. E ci pensa un partito di governo a servirlo bello e pronto, additando al pubblico ludibrio gli immigrati. Chiusi in campi di baracche e squallore, sfruttati e temuti i neri, gli africani, i vù cumprà di oggi sono lo specchio dell'antisemitismo di ieri. E se pensate che il paragone sia sbilanciato, alzate gli occhi alle prospettive future. Inizia sempre allo stesso modo l'orrore: un indice accusatore, un'etnia da trasformare in nemico, le accuse infamanti, la segregazione. Siamo veramente sicuri che ciò che noi oggi facciamo nei confronti dei migranti ci differenzi tanto dall'indifferenza di molti ai tempi delle persecuzioni ebraiche? Sì? E allora leggiamo il bel giallo di Bastasi e ricordiamo gli sguardi di tanti volti assiepati su un barcone respinto alla deriva.
Cristing
“Guarda la questione degli immigrati: basta ignorarli no? Spostarli, cancellarli e il problema cessa di esistere. Che vadano a importunare da un'altra parte, che muoiano, che cazzo ce ne frega vero mamma? Siete tutti cattolici apostolici romani, siete pronti a difendere una vita non più vita o una vita ancora di là da venire, ma mai la vita stessa, soprattutto se è quella di persone così diverse, se si tratta di individui da cui vi sentite disturbati” 
A Sant'Angelo, alle porta di Treviso, sorge il campo per gli immigrati gestito da Don Vittorio. Vi collabora Giovanna, la sorella di Alberto Sartini, già protagonisti de La gabbia criminale insieme a Valentina, nel frattempo diventata moglie di Alberto. Il campo non è visto di buon occhio dalla popolazione, è difficile fidarsi e di conseguenza coabitare con persone diverse per religione, usanze e colore. Ci si schiera immediatamente contro senza, a volte, forse per paura, cercare di capire e avvicinarsi a un modo di vivere diverso da quello che reputiamo normale. Alberto e Valentina, arruolati da Giovanna, si trovano coinvolti in prima persona per migliorare l'integrazione degli extra comunitari, lui insegnando loro l'italiano e lei collaborando con il Dott. Candiani che offre l'assistenza medica di cui hanno bisogno. Il già precario equilibrio verrà sconvolto da un duplice omicidio che avrà conseguenze disastrose e porterà alla luce un sottobosco di loschi personaggi a capo di racket criminali .
Argomento spinoso quello trattato in Città contro, mai come ora attuale, e Bastasi lo affronta con lo stile che lo contraddistingue, pacato e non aggressivo, serio ma non pesante, scorrevole e coinvolgente. I personaggi già conosciuti ne La gabbia criminale sono cresciuti e hanno preso le loro strade, gli altri, quelli nuovi, sono dotati di spessore e carattere. La trama è ben articolata, Bastasi è riuscito a sviluppare una buon giallo e a sensibilizzare l'attenzione sulle condizioni di vita che spesso si trova ad affrontare chi va in un altro paese con la speranza di un futuro migliore, e, come in questo romanzo invece è vittima di maltrattamenti e soprusi da parte di aguzzini privi di scrupoli.
gracy

L'umanità contro!

Ritroviamo il pacato e riflessivo professore in pensione Alberto Sartini e la sua famiglia coinvolti in episodi molto drammatici, in una città che fa i conti con l'intolleranza verso i "dannati della terra", con la corruzione e la mancanza di valori umani. Una città contro tutti e contro tutto!

giovedì 3 novembre 2011

Presentazione a LOMELLO (PV)

Your Company


Venerdì 11 novembre, alle ore 21:00
Lomello (PV), Oratorio di San Rocco (Piazza della Repubblica)

Presentazione di Città contro a cura di Riccardo Sedini, Associazione culturale Giallomania

INTERVISTA a THRILLERPAGES (di Massimo Minimo)

http://thrillerpages.blogspot.com/2011/11/intervista-bastasi-alessandro.html



1 - Partiamo dal titolo : perché “Città contro”?


Perché, attorno alla vicenda che racconto nel romanzo, ruotano personaggi, istituzioni, cittadini che  sono effettivamente l’uno contro l’altro: gran parte della cittadinanza che è contro il fenomeno dell’immigrazione e quindi contro le iniziative “buoniste” nei confronti degli immigrati (simboleggiate dalla Opus Christi di don Vittorio Ruffini); la polizia giudiziaria contro la procura della repubblica; conflitti all’interno dello stesso mondo degli immigrati tra chi è sfruttato e chi si dà alla criminalità (il Moro, Selim, …) diventando a sua volta sfruttatore.

2 - Il romanzo è ambientato nella tua città, Treviso, che non ne esce molto bene. Hai ricevuto critiche o qualcosa di peggio per questo?

Al momento no, forse perché ancora il romanzo non l’hanno letto! Vedremo dopo la presentazione che farò a Treviso il 24 novembre che cosa succederà… Mi presenterà un giornalista della “Tribuna di Treviso” (gruppo Repubblica-Espresso) cui il libro è piaciuto molto e che curerà la recensione sul suo giornale. “Hai descritto uno spaccato della vita trevisana ahimé molto fedele”, mi ha detto. Stiamo a vedere…

3 - Treviso, emblema del ricco nord-est italiano e specchio di una società in cui conta più ciò che hai rispetto a cosa sei. Da dove nasce tutto questo secondo il tuo parere?

Secondo me il fenomeno, che non è certo limitato a Treviso e zone limitrofe, nasce da un improvviso passaggio da un’economia di tipo essenzialmente agricolo, povera e culturalmente chiusa tra le prediche del prete e lo strapotere del padrone, a un’economia basata su mille piccole imprese industriali e commerciali nate velocemente come i funghi. Una transizione repentina, vissuta senza elaborazioni culturali, che ha portato a una sorta di rivincita sul passato: adesso anch’io “posseggo”, anzi, possiedo più degli altri! Non c’è tempo, per chi deve arricchirsi dopo tanta depressione (ricordiamoci che il Veneto era negli anni Cinquanta e Sessanta terra di emigranti), di stare a pensare alla cultura, un lusso che non ci si può consentire, soprattutto se può mettere in discussione uno stile di vita faticosamente guadagnato. Di qui, anche, il carattere profondamente conservatore della maggioranza di quella società, che spesso fa vedere il “foresto” come un pericolo. Treviso, scrivo nel romanzo, è “orfana dello spirito, troppo ricca di concretezza inutile”

4 - Tema centrale del libro è la questione degli immigrati e della loro difficile convivenza con gli italiani, che spesso sfocia in tragici eventi. Pensi che un giorno sarà possibile un’integrazione pacifica o è pura utopia?

Domanda difficile!  Non lo so. Ma non sono molto ottimista. Affrontare il tema dell’immigrazione solo come problema di ordine pubblico certo non aiuta. D’altra parte l’immigrazione, lo spostamento di masse di persone da aree del pianeta più arretrate verso aree ricche, è un fenomeno epocale, inarrestabile, e se non lo si governa con politiche che favoriscano il dialogo tra culture, che accettino l’affermarsi della multiculturalità andremo davvero incontro a situazioni conflittuali che non riusciremo a controllare.  

5 - Descrivi le drammatiche condizioni del campo in cui sono costretti a vivere gli immigrati . Hai potuto verificare di persona la loro situazione?

Come ho già detto in un’altra intervista, qualche anno fa sono andato a visitare un campo di migranti, anch'esso alle porte di Treviso, anche se collocato diversamente da quello del romanzo. Nel campo insegnava l'italiano (come l’Alberto Sartini del romanzo) una mia amica, una maestra in pensione, che non solo mi ha illustrato le condizioni di vita, ma mi ha raccontato le storie di queste persone, alcune delle quali ho trasportato nel romanzo. Sono poi diventato amico di un senegalese che, a Milano, incontro tutti i sabati nei pressi di un mercato, dove vende la rivista Terre di mezzo, e lui mi racconta del terrore di vivere senza permesso di soggiorno, lui che, come il Moussa del libro, non fa nulla di male se non raccattare quattro soldi da inviare a casa.

6 - Due personaggi mi hanno colpito in particolare : uno, Moussa, in positivo, l’altra, Betti, in negativo. Puoi dirci qualcosa di loro, senza svelare troppo a chi ancora non ha letto il libro?

Moussa è il tipico migrante che lascia il suo paese, e i suoi affetti, in cerca di fortuna. E’ un senegalese, proveniente da un villaggio senza prospettive, deve mantenere la moglie, i figli e il vecchio padre. Lui lavora, ha il permesso di soggiorno, è in regola. Ma con la crisi è stato licenziato, e il permesso gli sta per scadere. Moussa ha fama di persona onesta, integra, è sensibile ed educato. E Giovanna, che coopera con la Opus Christi, lo aiuta, affidandogli il compito di farle da segretario. Moussa lavora in casa di Giovanna, dove ha la ventura di passare molte ore gomito a gomito con Betti, la giovane colf. E qui succede quello che si può immaginare. Moussa è un uomo vigoroso, e Betti, nonostante i suoi pregiudizi sugli uomini di colore, non se lo lascia scappare… 
Betti invece è l’emblema di certa gioventù di provincia, poco colta, succuba delle mode, di uno stile di vita imposto dai canoni pubblicitari, insoddisfatta del suo stato. E’ irrequieta, sessualmente disinvolta, il mondo che sogna è quello delle Gregoraci, delle starlette della TV, delle Noemi Letizia… meta che ritiene di poter raggiungere grazie alla sua bellezza prorompente anche se un po’ volgare. “Aveva sentito dire dell’agenzia di un tale a Milano, il tizio delle dive della televisione. Ecco, quello sarebbe stato il prossimo passo. E se le avessero chiesto di darla a qualche potente, non si sarebbe di certo tirata indietro.”

7 - Sei già al lavoro sul prossimo libro?

In realtà di idee nella mia mente ne stanno girando parecchie. Una di queste vede ancora come protagonisti Alberto Sartini e sua moglie Valentina, già personaggi della “Gabbia criminale” e di questo “Città contro”, in una nuova storia di sangue e delitti. Ma quello che mi intriga di più è uno spunto del tutto nuovo per un romanzo noir ambientato a Milano, dove il protagonista è un ex terrorista delle Brigate Rosse, che a un certo punto si trova a fare i conti con la propria storia. Il plot è già abbastanza definito, devo trovare il tempo di mettermi al lavoro.

8 - Parliamo un po' di te, di cosa ti occupi nella vita oltre a scrivere?

Oltre a scrivere recito, un’antica passione che mi ha portato negli anni Settanta a lavorare con Gino Cavalieri, uno dei grandi del teatro veneto. L’ultimo lavoro cui ho partecipato è “Virginia”, un atto unico andato in scena alla fine del 2010, e che ancora portiamo in giro, scritto da un magistrato-scrittore, Giuseppe Battarino, e da Dolores Fusetti e Luciano Sartirana. La messa in scena analizza il rapporto tra un giudice (io), una giovane imputata di spaccio di stupefacenti e il suo avvocato (una donna), nella fase istruttoria in cui il GIP deve convalidare o meno un arresto.
E poi ho un lavoro, sono amministratore delegato di una società di software. Ancora per qualche anno…

9 - Cosa ti ha portato a diventare scrittore?

“Scrittore” è una parola grossa. Sarò “scrittore” se e quando potrò vivere dei miei libri. Per ora sono uno “scribacchiante”. In realtà ho sempre scritto, arrivato a Milano nel 1976 ho iniziato a scrivere cronache teatrali per riviste del settore e per un quotidiano, ho scritto un saggio sui media (“Antitrust e pluralismo”), e poi racconti, alcuni dei quali pubblicati in antologie o in siti letterari. A scrivere il primo romanzo mi ha portato una mia permanenza in Russia a cavallo tra il 1990 e il 1994. Le vicende storiche epocali cui assistevo (la caduta dell’URSS, la nascita della nuova Russia) mi hanno spinto a raccontarle in un’opera di fiction. Così è nata “La fossa comune”, così è nato il Bastasi “scribacchiante”.